Degrado è una parola tristemente parziale. Appartiene al retaggio linguistico dei benpensanti o è uno sfoderabile clichè politico di certi schieramenti fortemente imbevuti di retorica.
Degrado è una parola parziale perché le persone o i fenomeni designati dalla parola stessa difficilmente si autodefinirebbero degradati.La parola degrado è priva sin dall’inizio di una qualità di definizione e comprensione che inquadri la totalità di un fenomeno. E’ una parola cruda,spossessata di ogni sfumatura di pietà o di lungimiranza verso ciò che pretende indicare,che ricorda la sporcizia materiale,i rifiuti che s’addossano ai margini delle strade.Oltre ad essere cruda, è anche parola profondamente vacua: non è esattamente chiaro quali fenomeni, quali oggetti possano essere riassunti sotto il suo significato:dalle marginalità disperate o criminali di persone, alla povertà sociale in cui fermenta ogni forma di malessere,sino all’abbandono neghittoso e sudicio di ambiente e cose, sino all’inciviltà e alla ferocia comportamentale.Una cosa o una persona degradata è colei che scende pericolosamente la china di una scala di valori dove la plenitudine della civitas si pone al vertice, ideale o reale che sia. Il fondo della civitas è il degrado.Il problema veritàs , però,che mostra tutto il dissidio interno di questa civitas o di una società che si giudichi da sé civile,all’acme della raggiunta autosufficienza umanistica,è come il degrado non sia il visibile è riconosciuto fondo,l’ultimo gradino della società in questione,quanto piuttosto la sua parte rimossa.La parola degrado,nella sua vacuità multidimensionale,isola in maniera fredda un fenomeno che fa parte del corpo stesso che si esamina,separandolo da sé,rimuovendolo dalla coscienza.La società moderna separa dal suo corpo vivo multiforme la sua parte negativa,putrescente,la prova del suo scacco,il suo dorso inguardabile,lo specchio deformante del suo carattere,deformante ma esalta un alone un riflesso realistico.Il degrado è l’ombra inevitabile del corpo sociale.lo strascico levido e lungo,perenne nel sibilare e raccogliere fango,dell’abito da sposa. Come nel mondo psicologico individuale,la società moderna,al fine di mantenersi psicologicamente all’altezza delle sue pretese idealistiche di perfezione e moralità,fa ricorso alla strategia disperata della soluzione paranoica.Un individuo che sia incapace di riesaminare criticamente i sogni e le velleità costanti dell’io ideale nega con cieca risoluzione la propria parte marcia,oscura,immorale,le parti che lo porterebbero ad un profondo crollo dall’alienazione dell’io ideale, e protetta quest’ombra sullo schermo incolpevole della realtà,trasformando il male in qualcosa di esterno a sé, la cui nequizia è autonoma ed autogenerata, perfetta nel suo essere altro da sé e irredimibile.La società si comporta nello stesso modo per scongiurare l’evidenza drammatica della propria crisi..L’ultimativa panacea a cui fa ricorso la nostra società in particolare è quella della repressione.L a parte negata del se sociale si trasforma nello gettacolo dell’inguardabile,dell’intollerabile,sono un monito che non può scusarsi,un dito costantemente puntato sul fallimento dell’eguaglianza democratica.Ciò che viene scacciato dalla porta rientra dalla finestra,insomma.Condannare e reprimere la parte negata del sé sociale è il frutto della disperazione di chi è incapace di accettare la propria fallibilità, di integrare nel corpo della coscienza esistenziale anche il negativo,l’ombra,l’imperfezione,in una parola: il male.Il degrado siamo noi stessi, tutti noi , e non solo qualche barbone o qualche clandestino od una prostituta .Il degrado non è la povertà,il malaffare, la droga che scorre a fiumi e consuma ogni coscienza ed ogni volontà di trasformazione, ma è il nostro cuore che batte soltanto sul convulso ritmo dell’efficienza tecnocratica e dell’accumulo barbaro di cose e potere. Il modello dell’homo tecnocratico cresce come una fragilissima stalattite dalla punta rivolta verso il cielo,una crescita a rovescio,incurante della gravità, che getta un ombra lunghissima,sottile ma tagliente come una lama.Quest’ombra è il degrado,sottile e profondo come un taglio di coltello nel volo sconfinato dell’ideale, della smania di perfettibilità umana. Lucia Scogna
Medio evo prossimo venturo e nuove inquisizioni
RispondiEliminaNelle nostre città, quando nn e occultabile tra le pieghe di istituzioni totali(carcere, strutture psichiatriche), e sempre più visibile l’indigenza, impoverimento dell’esistenza umana, così i bisogni che si esprimono in modo confuso e indifferenziato, verso una società sempre più repressiva, incapace di dare risposte e proporre opportunità, ma, il dubbio che questa apparente cecità degli amministratori locali legati a privilegi partitici, che nn si occupano dei bisogni dei cittadini e delle necessita di una società in continuo mutamento, ma solo a preservare lo status quo, rifiutano e negano questo segnale che arriva soprattutto dalle nuove generazioni, che sempre più riempiono alcune piazze e alcuni quartieri delle nostre città sia, voluta, auspicata, per giustificare con i termini “degrado”, il termine “tolleranza zero”, e cioè l’intolleranza, e il rifiuto o l’incapacità di riconoscere il fallimento di questo modello sociale e nn discutere e spiegare l’origine del disaggio della sofferenza esistenziale, un malessere voluto, auspicato, alimentando paure e pregiudizi nei cittadini ignari, o, preoccupati per un futuro all’insegna del incertezza.
le caste si auto celebrano, cosi il disaggio, la sofferenza, la tristezza, la rabbia, l’inquietudine, la povertà, del giovane disoccupato, del cassintegrato, del padre di famiglia licenziato, del precario, del forestiero(extracomunitario), quando il politico non inventa reati di chiara radice fascista “reato di clandestinità”, si delega la psichiatria, sempre pronta ad inventare pseudo-malattie foraggiando le immense lobby farmaceutiche, pur di non dire, nn discutere ed affrontare le origini dei malesseri di questa società sempre più in declino.
Carissimo Gerardo
RispondiEliminadalle tue parole vedo proiettarsi davanti ai miei occhi immagini di uno scenario da film alla The Day After Tomorrow - L'alba del giorno dopo - Wikipedia . Sul mio linguaggio incombe la deformazione professionale anche se non a caso mi rimandano alle parole di Maurizio Pallante sulla decrescita. Di fatto secondo me siamo in una Recessione Economica che si potrebbe chiamare Decrescita Infelice mentre Pallante propone un modello di Decrescita Felice. In sintesi ti posto le sue parole che troverai sul suo Blog . Un abbraccio lucia
La decrescita
La decrescita è elogio dell’ozio, della lentezza e della durata; rispetto del passato; consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione; indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non identificare il nuovo col meglio, il vecchio col sorpassato, il progresso con una sequenza di cesure, la conservazione con la chiusura mentale; non chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il consumo ma l’uso; distinguere la qualità dalla quantità; desiderare la gioia e non il divertimento; valorizzare la dimensione spirituale e affettiva; collaborare invece di competere; sostituire il fare finalizzato a fare sempre di più con un fare bene finalizzato alla contemplazione. La decrescita è la possibilità di realizzare un nuovo Rinascimento, che liberi le persone dal ruolo di strumenti della crescita economica e ri-collochi l’economia nel suo ruolo di gestione della casa comune a tutte le specie viventi in modo che tutti i suoi inquilini possano viverci al meglio.
Maurizio Pallante